Non ho capito il profumo di Fassino e la candidatura di Vannacci
La prima newsletter dopo la seconda stella dell'Inter.
(Piero Fassino al duty free secondo l’Intelligenza artificiale. Qui appare troppo in carne. Immagine generata da DALL-E)
Nessuno ha il permesso di uscire da questa newsletter fino a quando non mi dirai perché Piero Fassino ha rubato in un aeroporto. Ma ti rendi conto della portata della notizia? Se avessimo sceneggiatori coraggiosi, vedremmo subito una serie tv indimenticabile: politico di giorno, ladro gentiluomo di notte. Ho già in mente il protagonista: Valerio Mastandrea nei panni di “Arsenio Fassin”, oppure Kim Rossi Stuart come “Fassinik”, ma solo se fossimo costretti a farla in Rai. Prima di scrivere la serie tv “Fragranza di reato”, forse sarebbe il caso di capire se Piero Fassino ha davvero commesso un reato. Per ora è accusato di tentato furto del profumo femminile “Chance” di Chanel dal valore di 139 euro. Il deputato del Partito democratico, ex ministro della Giustizia, ex sindaco di Torino ed ex segretario dei Democratici di Sinistra (uno dei partiti fondatori del Pd) avrebbe messo in tasca il profumo allontanandosi dal duty free 25 del terminal 1 dell’aeroporto di Fiumicino, senza pagare.
Aspetta: se è un duty free non può prendere i prodotti senza pagare? No, Magic English. In italiano duty free vuol dire «libero da dazi», non «libero di rubare». I duty free sono dei punti vendita esenti da tasse che si trovano generalmente negli aeroporti internazionali, nelle zone franche o a bordo di navi e aerei. In questi negozi, i beni come alcolici, tabacchi, profumi, cosmetici, cioccolato, e altri prodotti di lusso possono essere acquistati senza pagare tasse locali o d’importazione, purché gli articoli siano portati fuori dal paese. E comunque il ruolo sarebbe perfetto per Neri Marcoré. O al massimo Fabrizio Gifuni.
Sì, prima mi dici esattamente come è andata, poi facciamo il casting. Il 15 aprile Piero Fassino è entrato nell’aeroporto “Leonardo da Vinci” di Fiumicino per prendere un volo in direzione Strasburgo, in Francia, una delle sedi del Parlamento europeo. Lì avrebbe dovuto incontrare alcuni eurodeputati del suo partito, il Pd, in vista delle elezioni europee. Prima di prendere il volo, verso le 10.30 del mattino, Fassino è entrato in uno dei tanti duty free del terminal 1 portando con sé un trolley e indossando un lungo giaccone scuro. E qui divergono le versioni dell’accusa e della difesa.
Iniziamo dall’accusa. In base ai filmati visionati dagli agenti della sicurezza (ma non da me, per questo uso il condizionale) Fassino avrebbe preso la confezione di “Chance” e dopo essersi guardato attorno per vedere se ci fossero delle telecamere, avrebbe scelto un luogo appartato per mettersela in tasca. Uscito dal duty free senza pagare, sarebbe stato fermato da un vigilante con cui avrebbe avuto una discussione. Secondo una ricostruzione del “Corriere della Sera”, Fassino avrebbe rispolverato il classico: «Lei non sa chi sono io»; poi si sarebbe offerto di pagare addirittura due confezioni del profumo per sanare l’equivoco. Ma la società del duty free ha rifiutato, decidendo di sporgere denuncia.
Più implacabili dell’Inter contro il Milan nel derby di lunedì. Perché non hanno lasciato stare? Magari si è trattato di un malinteso. Perché secondo i dipendenti del duty free interrogati dagli agenti della Polizia di frontiera aerea (Polaria), questo sarebbe il terzo tentativo di furto da parte di Fassino nel giro di poche settimane. La prima volta sarebbe suonato l’allarme dell’antitaccheggio ma i vigilantes non sarebbero riusciti a fermare Fassino perché il duty free era pieno di gente e il deputato avrebbe avuto il tempo di allontanarsi tra la folla. La seconda volta il vigilante avrebbe fermato Fassino prima dell’uscita e il deputato si sarebbe scusato di aver messo per sbaglio il profumo in tasca, pagando il dovuto. Il 15 aprile si sarebbe trattato quindi della terza volta di fila.
Bah; tre tentati furti nello stesso duty free dello stesso aeroporto non si addice a un genio del crimine. Come si è difeso Fassino? Il deputato del Pd non ha commentato i casi precedenti, chiarendo solo la dinamica dell’ultimo. In un colloquio con il giornale “Repubblica” Fassino ha spiegato di aver messo il profumo nella tasca del giaccone per rispondere al telefono, visto che l’altra mano era occupata a portare il trolley. «Avendo il trolley in mano e il cellulare nell’altra, non avendo ancora tre mani, ho semplicemente appoggiato la confezione di profumo nella tasca del giaccone, in attesa di andare alle casse». A quel punto il vigilante sarebbe intervenuto in maniera troppo zelante e prevenuta, non permettendogli di pagare con calma. Secondo il suo avvocato Fulvio Gianaria si tratta di «un banale e increscioso episodio che avrebbe meritato un approfondimento pacato. Si sta clamorosamente trasformando in una aggressione mediatica, un vero e proprio processo parallelo che trova come unica spiegazione il cognome noto del cittadino coinvolto». Tradotto: anche se avesse rubato, la cosa si sarebbe potuta risolvere con discrezione vista la lieve entità del fatto.
Ma che ci fa Fassino con tutti questi profumi? Anche se era diretto a Strasburgo, Fassino sostiene di averlo preso come regalo per la moglie. Non sappiamo se lo stesse aspettando in Francia o se si tratta di un marito previdente, oltre che premuroso.
Ho già risolto il caso: Fassino è un deputato e guadagnerà sicuramente uno stipendio altissimo. Può permettersi un profumo da 139 euro. Forse, però i filmati confliggono con la tesi difensiva di Fassino che dovrà spiegare alla procura di Civitavecchia perché le due versioni non corrispondono. In attesa degli sviluppi, da questa storia possiamo uscirne con una certezza: Fassino non ha un buon rapporto con le sue dichiarazioni. Dopo aver detto nel 2009 a Beppe Grillo: «Fondi un partito, vediamo quanti voti prende», il 2 agosto del 2023 nell’Aula della Camera dei deputati Fassino mostrò il cedolino del suo stipendio, dicendo: «L’indennità che ciascun deputato percepisce ogni mese dalla Camera è di 4.718 euro al mese. Si tratta di una buona indennità, ma non è certamente uno stipendio d’oro».
Così poco? Con questo stipendio può comprare solo 33 “Chance” di Chanel. Fassino si è dimenticato di dire che un deputato riceve anche 3.500 euro al mese come rimborso spese per lavorare a Roma, 3690 euro al mese come rimborso spese per l’esercizio del mandato, più 1200 euro all’anno per spese telefoniche e 3200 euro ogni tre mesi per i trasferimenti dal luogo di residenza all’aeroporto più vicino e tra Montecitorio e l’aeroporto di Roma-Fiumicino, sì proprio quello.
Cosa rischia concretamente? La condanna per furto varia da sei mesi a tre anni di reclusione, ma nel caso di tentativo viene diminuita di un terzo o addirittura due terzi. Però il giudice potrebbe giudicare tutte le circostanze del caso, se il valore del bene tentato di rubare è molto basso o se il comportamento non è abituale, e potrebbe serenamente assolvere Fassino per tenuità del fatto. Anche perché al momento non ci sono filmati degli altri due casi di tentato furto accennati dai dipendenti del duty free.
Ho capito più o meno tutto, ma perché vuoi chiamare la serie tv “Fragranza di reato”, non si dice flagranza? Non ricordo. La “fragranza” è un intenso e gradevole profumo, la “flagranza” è quando il colpevole viene sorpreso nell’atto di commettere un reato. Ma questa battuta l’abbiamo fatta già in duecentomila.
Comunque questa settimana ho sentito parlare anche della candidatura di Vannacci. Non ne hai parlato finora nella newsletter perché tuo nonno era un generale e vuoi proteggere la categoria? Vannacci è capo di stato maggiore del Comando delle forze operative terrestri, mentre mio nonno era un generale della polizia stradale; non è proprio la stessa cosa. Comunque son qui per te: chiedimi tutto.
(Non so come finirà la campagna elettorale per le europee, ma per ora mi sento come il signore coi baffi senza occhiali a destra. Immagine generata da DALL-E)
Se si vota alle europee l’8 e 9 giugno perché stiamo parlando ora di Vannacci? Perché finalmente i partiti hanno presentato le liste dei candidati per le elezioni europee. Dopo mesi di tira e molla, il generale Roberto Vannacci ha deciso di candidarsi con la Lega al Parlamento europeo e sarà candidato in tutte e cinque le circoscrizioni al voto: Nord-Est, Nord-Ovest, Sud, Isole e Centro (in quest’ultima come capolista).Questa candidatura ha scatenato una serie di polemiche che si dividono in due filoni. Il primo è legato alle dichiarazioni di Vannacci, il secondo è la piccola rivolta all’interno della Lega.
Andiamo velocemente sul primo filone. Cosa ha detto di così clamoroso? In una intervista a “La Stampa” del 27 aprile Vannacci ha ribadito una serie di dichiarazioni abbastanza forti, dette in modo sparso nei mesi precedenti, tra cui: «L’italiano ha la pelle bianca, lo dice la statistica»; l’omosessuale «ostenta da esibizionista deve accettare le critiche»; «l’aborto è un’infelice necessità alla quale le donne sono costrette a ricorrere. Non credo che sia un diritto». Ma anche «Mussolini è uno statista come lo sono stati anche Cavour, Stalin e tutti gli uomini che hanno occupato posizioni di Stato» e «non credo nella società multiculturale, perché contraddice l’idea di Patria».
È partito col botto. Abbastanza. La frase che ha creato più polemiche è quella sui giovani studenti che hanno disabilità o problemi nell’apprendimento. Una posizione controversa che ha messo in imbarazzo due esponenti importanti della Lega: la ministra per le disabilità Alessandra Locatelli e il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara.
Cosa ha detto Vannacci di così controverso? «Per gli studenti con delle problematiche mi affido agli specialisti. Non sono specializzato in disabilità. Un disabile, però, non lo metterei di certo a correre con uno che fa il record dei cento metri. Gli puoi far fare una lezione insieme, per spirito di appartenenza, ma poi ha bisogno di un aiuto specifico. La stessa cosa vale per la scuola. Chi ha un grave ritardo di apprendimento si sente più o meno discriminato in una classe dove tutti capiscono al volo? Non sono esperto di disabilità, ma sono convinto che la scuola debba essere dura e selettiva, perché così sarà poi la vita. O almeno, così è stata la mia vita». E poi «Credo che delle classi con “caratteristiche separate” aiuterebbero i ragazzi con grandi potenzialità a esprimersi al massimo, e anche quelli con più difficoltà verrebbero aiutati in modo peculiare». E ancora. «Sono un fautore delle scuole pubbliche, ma vorrei fossero più severe. Oggi si appiattisce verso il basso il livello di tutti gli studenti, anche di quelli più bravi. E invece la scuola dovrebbe essere come lo sport, dove si mettono insieme le persone con prestazioni simili».
Su una cosa ha ragione: non è un esperto. La dichiarazione è talmente controversa da aver costretto a intervenire il vice presidente della Conferenza Episcopale Italiana. «Sono parole che riportano ai tempi più bui della nostra storia. Il cosiddetto disabile, in una classe, è una presenza preziosa. La migliora. I diversamente abili diventano il collante della classe, la uniscono, sono i protagonisti intorno ai quali si costruisce il cammino educativo». E, infine, ha precisato che la diversità, «che sia diversità di pelle, sessuale, biologica, mentale o che so altro è una risorsa, sempre. Credo sia questa la visione che deve accomunare credenti e non credenti». Detto da uno dei vertici dell’assemblea permanente dei vescovi italiani fa un certo effetto, visto che la Cei tradizionalmente è più vicino al centrodestra che al centrosinistra.
E il secondo filone di polemiche? Diversi militanti e importanti esponenti della Lega, tra cui il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, non hanno apprezzato la decisione del segretario Matteo Salvini di candidare Vannacci, anche perché il generale ha subito chiarito che correrà come indipendente «Porterò le mie idee, senza tessera di partito». Visto che nella Lega raramente si critica in pubblico il segretario, la cosa ha fatto notizia. In particolare bisogna segnarsi le parole di un leghista in passato vicinissimo a Salvini, Gian Marco Centinaio, che ha detto a Repubblica di non voler dare alle elezioni europee la preferenza a Vannacci: «Voterò per uno della Lega. E come me tanti altri. Massimiliano Fedriga ha appena detto la stessa cosa: voterà i tre candidati del Friuli-Venezia Giulia. Sì,darà la preferenza solo a esponenti del partito. E come lui in precedenza anche il capogruppo alla Camera Riccardo Molinari e quello al Senato Massimiliano Romeo, si erano espressi allo stesso modo». E alla domanda: “La Lega quindi non è di destra?” ha risposto: «Io ho avuto un nonno picchiato dai fascisti a Pavia. La mia famiglia ha un’altra storia».
(Una immaginaria crasi tra le vicende Fassino-Vannacci. Non ho capito se l’Intelligenza Artificiale l’ha ambientata prima o dopo le europee. Immagine generata da DALL-E)
Ferma, ferma, ferma: ma la Lega non è un partito di destra? No, storicamente è un partito indipendentista, antifascista e federalista. Poi dal 2013, quando Salvini è diventato segretario, la Lega ha avuto una svolta nazionalista che ha avuto il suo apice nel 2018, conquistando voti anche in altre regioni italiane. Questo delicato passaggio l’ho raccontato nella newsletter sulla Sardegna, ma il riassunto è: la Lega sta crollando nei sondaggi, Salvini cerca qualsiasi escamotage elettorale per superare il 10% e non finire dietro Forza Italia, compreso candidare un nome molto popolare, ma controverso come Vannacci. Questa scommessa però ha creato frizioni nel partito che finora ha tollerato la svolta nazionalista e sovranista solo perché il Carroccio volava nei sondaggi. Ora che è all’8,1%, molti vorrebbero tornare al passato. E magari sostituire Salvini con un segretario più nordista (qualsiasi cosa voglia dire): Massimiliano Fedriga, Luca Zaia o Giancarlo Giorgetti.
Ma chi è Vannacci? Sento da tempo parlare di lui ma non ricordo perché. Fino a un anno fa il generale Roberto Vannacci era uno sconosciuto generale dell’esercito italiano. Poco dopo essere stato nominato capo dell’Istituto Geografico Militare di Firenze, ad agosto 2023 ha pubblicato a sue spese il libro “Il mondo al contrario” che è diventato un caso editoriale vendendo finora 230mila copie. In questo libro Vannacci ha espresso opinioni controverse sulle persone omosessuali, migranti, femministe e ambientaliste, usando termini e affermazioni considerate omofobe e discriminatorie. Gran parte del successo, Vannacci lo deve anche a una serie di giornali, tra cui Repubblica, che hanno dato risalto al suo libro, scrivendo decine e decine di articoli, facendolo diventare un fenomeno mediatico.
Un generale può scrivere un libro? Sì, in Italia un generale può scrivere un libro, ma non deve rivelare informazioni classificate, né compromettere la sicurezza nazionale o infrangere le leggi che tutelano l’onore e l’imparzialità delle istituzioni militari. Le sue dichiarazioni non devono compromettere la neutralità, l’integrità o la percezione delle forze armate nell’opinione pubblica. Cosa avvenuta, visto che molti politici, anche di destra, come il ministro della Difesa Guido Crosetto, hanno ritenuto le dichiarazioni di Vannacci in conflitto con i principi di uguaglianza e non discriminazione che dovrebbero essere promossi dalle istituzioni. Inoltre, un militare in servizio attivo dovrebbe in teoria ottenere un’autorizzazione preventiva prima di pubblicare un libro (articolo 1473 del codice dell’ordinamento militare), ma solo se il contenuto riguarda questioni militari. Ma non è questo il caso.
L’esercito come ha reagito? A novembre 2023 l’esercito ha aperto una inchiesta interna per accertare eventuali infrazioni disciplinari che si è conclusa a febbraio 2024 con una condanna di cui si è parlato poco nei giornali: sospensione del servizio per 11 mesi e stipendio dimezzato. Forse anche per questo Vannacci ha deciso di candidarsi con la Lega. Sempre a febbraio di quest’anno è stato indagato per peculato e truffa dalla Procura militare riguardo il suo periodo come addetto militare in Russia, avvenuto dal febbraio 2021 al maggio 2022. Vannacci è anche indagato dalla Procura di Roma con l’accusa di istigazione all’odio razziale.
Quindi è sceso in politica perché ormai la sua carriera è stroncata? Sì e no. Il 3 dicembre 2023 è stato nominato capo di stato maggiore del Comando delle forze operative terrestri. Il titolo è altisonante, ma Crosetto ha precisato che si tratta di un semplice ruolo di raccordo. Da molti analisti questa promozione è sembrata una cinica attuazione del motto latino promoveatur ut amoveatur, ovvero «sia promosso affinché sia rimosso» da incarichi importanti. L’intento dietro questa pratica è di spostare la persona sgradita in un ruolo in cui possa fare meno danni, pur dando l’impressione di una promozione.
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