Non ho capito la Rai che censura Scurati
La prima newsletter dopo l’ultimo album di Taylor Swift
(TeleMeloni secondo l’intelligenza artificiale. Sì, lo so: sono angurie. Immagine generata da DALL-E)
Stavolta sto con la Rai. Antonio Scurati ha sbagliato: come si permette di fare un monologo sul 25 aprile parlando dell’omicidio Matteotti avvenuto il 10 giugno del 1924? Abbiamo perso proprio la cognizione del tempo. Gli anniversari vanno ricordati al momento opportuno. In parte è colpa tua e della tua mania piccolo borghese di scartare i regali di Natale la sera del 24 dicembre. Dove andremo a finire? Non è sempre Natale, non è sempre domenica, il 25 aprile è il 25 aprile. La tua confusione mi illumina d’immenso. Stai parlando della controversa decisione della Rai di cancellare il monologo dello scrittore Antonio Scurati previsto per la puntata di sabato 20 aprile di "CheSarà…", programma condotto da Serena Bortone su Rai3.
Sì, esatto. E ha ragione la Rai: di Matteotti si parla il 10 giugno. E anche fosse stato un monologo sul 25 aprile, non ha senso farlo cinque giorni prima, no? No, Frate Indovino; non è questa la ragione. O meglio, non è questa una delle due ragioni che le parti sostengono. Secondo Bortone si tratta di una censura da parte dei dirigenti Rai che non volevano far pronunciare a Scurati un testo contro il governo Meloni; mentre secondo i dirigenti Rai è stato Scurati a rinunciare alla partecipazione perché non sarebbe stato pagato abbastanza.
Siamo al terzo paragrafo e già mi hai spiegato tutto. Perché ho la sensazione che non sia finita qui? Ti prego non mi dire che la verità sta nel mezzo, altrimenti ti censuro io. La verità non sta nel mezzo, ma da quanto ne sappiamo finora, una parte ha sostenuto tesi contraddittorie e l’altra (con molte ragioni) ci ha un po’ marciato, cogliendo un’opportunità politica. L’ennesima cattiva gestione da parte dei dirigenti Rai più governisti del governo è diventato il caso politico del weekend e sicuramente avrà strascichi fino al 25 aprile.
Papà Castoro, spiegami brevemente com’è andata, altrimenti non posso pontificare su chi ha ragione. Tutto è iniziato alle 8.33 di sabato 20 aprile quando la conduttrice Serena Bortone ha annunciato su Facebook (e Instagram) che lo scrittore Antonio Scurati non avrebbe letto il suo monologo a “CheSarà…” (sono costretto a mettere i tre puntini odiosi perché sono compresi nel titolo), programma che va in onda il sabato e la domenica su Rai3. «Ho appreso ieri sera, con sgomento, e per puro caso, che il contratto di Scurati era stato annullato. Non sono riuscita ad ottenere spiegazioni plausibili. Ma devo prima di tutto a Scurati, con cui ovviamente ho appena parlato al telefono, e a voi telespettatori la spiegazione del perché stasera non vedranno lo scrittore in onda sul mio programma su Raitre. Il problema è che questa spiegazione non sono riuscita a ottenerla nemmeno io».
E poi la spiegazione l’ha ottenuta? Il direttore dell’approfondimento Rai Paolo Corsini ha risposto con una nota all’accusa di Bortone, sostenendo che l’annullamento del contratto non è dovuto alla censura ma a ragioni economiche: «Credo sia opportuno non confondere aspetti editoriali con quelli di natura economica e contrattuale, sui quali sono in corso accertamenti a causa di cifre più elevate di quelle previste e altri aspetti promozionali da chiarire connessi al rapporto tra lo scrittore e altri editori concorrenti. Al di là di queste mere questioni burocratiche, la possibilità per Scurati di venire in trasmissione non è mai stata messa in discussione. Nessuna censura».
“Direttore dell’approfondimento” sembra il titolo che mi davo a 13 anni quando passavo pomeriggi a finire tutto d’un fiato “Crash Bandicoot 2: Cortex Strikes Back” perché non avevo la memory card nella Play Station 2. Dalla nota non si capisce niente, che ha detto? Te lo traduco dal burocratese in telegrafese: “Scurati è costato più del previsto; non vale quei soldi pattuiti; stiamo trattando sul prezzo; è uno scostumato a non farlo gratuitamente visto che il testo rimanda chiaramente alla sua tetralogia su Mussolini; è ancora in forse la sua partecipazione alla trasmissione; nessuna censura al testo”. Stop.
(Io da piccolo allenandomi al ruolo di “Direttore dell’approfondimento”. Per fortuna mia e di tutti i ragazzi nati negli anni Novanta e Duemila, Crash Bandicoot era nettamente più divertente della versione creata da DALL-E)
Ok, così è più chiaro, ma chi è Scurati? Ho capito che è uno scrittore, ma perché è famoso? In un paese dove l’84,4% degli italiani dichiara di leggere meno di 12 libri all’anno, non esistono scrittori famosi, ma quelli noti agli addetti ai lavori (e livori). Antonio Scurati ha vinto nel 2019 il più importante premio letterario italiano, il Premio Strega, con il romanzo storico “M. Il figlio del secolo”, il primo di una serie di quattro libri dedicati all’ascesa e caduta politica di Benito Mussolini, che ha venduto oltre seicentomila copie ed è stato tradotto in 46 paesi, diventando anche un podcast e una serie tv prodotta da Sky che vedremo credo quest’anno. Il primo libro della tetralogia racconta in ottocento pagine il periodo che va dalla nascita dei “Fasci di combattimento” a Milano il 23 marzo 1919 fino alle leggi fascistissime del 3 gennaio 1925, ovvero dalla creazione dell’embrione del Partito nazionale fascista fino al momento in cui Mussolini trasformò definitivamente il suo governo autoritario in dittatura, assumendosi la responsabilità morale dell’omicidio di Giacomo Matteotti. Gli altri due libri della tetralogia sono “M. L’uomo della provvidenza”, e “M. Gli ultimi giorni dell’Europa”. Tutti editi da Bompiani, casa editrice entusiasta di questa polemica per fare pubblicità al futuro quarto libro.
Si chiamerà “M. come Meloni”? Ho riso da solo ma me lo merito visto che stasera soffrirò per il derby scudetto. Ricapitolando: Bortone dice che non sa perché è stato annullato il contratto di Scurati; la Rai risponde che il motivo non è la censura ma perché lo scrittore costa troppo. Dov’è la contraddizione? Mi sembra tutto liscio. Per i dirigenti Rai la faccenda si complica quando sabato il quotidiano “La Repubblica” pubblica un articolo con lo scambio di mail tra Scurati e la segreteria amministrativa del Servizio Pubblico in cui c’è scritto che la collaborazione come autore di testi creativi per il programma “CheSarà…” «viene annullata per motivi editoriali». “Motivi editoriali” quindi, non economici, come aveva sostenuto il direttore dell’approfondimento Rai, Paolo Corsini. Tutto torna: di solito la Rai prima concorda il compenso e poi annuncia l’ospite. E il nome di Scurati era presente nel comunicato stampa di lancio della puntata. Quindi non regge la tesi del compenso troppo alto.
(La foto pubblicata da Repubblica)
Dopo il photoshop bestiale di Kate Middleton sono diventato San Tommaso: se non vedo non credo. Chi ci assicura che la mail sia vera? Nessuno, però se fosse un falso bisognerebbe togliere il Premio Strega a Scurati e dargli il Premio Stregone per la bravura nell’inserire anche il numero del rapporto di lavoro. Un dato facilmente verificabile dalla Rai, nel caso volesse smentire. Tutto ci fa pensare che Repubblica abbia avuto lo scambio di mail dallo stesso Scurati, che collabora spesso col giornale, scrivendo editoriali. Nonostante questa prova schiacciante, la Rai non ha fornito una nuova versione e qui si esaurisce il primo filone delle polemiche. Ti ricordo che fino a questo punto del nostro racconto, la puntata non è ancora andata in onda. Tutto è successo in un pomeriggio.
E qual è il secondo filone? Quello che fa diventare il caso da giornalistico a politico: sempre sabato 20 aprile alle 17.28 la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha pubblicato su Facebook un duro post contro Scurati, sostenendo la stessa tesi dei dirigenti Rai, il compenso troppo alto, nonostante la prova di Repubblica. «La sinistra grida al regime, la Rai risponde di essersi semplicemente rifiutata di pagare 1800 euro (lo stipendio mensile di molti dipendenti) per un minuto di monologo. Non so quale sia la verità, ma pubblico tranquillamente io il testo del monologo (che spero di non dover pagare) per due ragioni: 1) Perché chi è sempre stato ostracizzato e censurato dal servizio pubblico non chiederà mai la censura di nessuno. Neanche di chi pensa che si debba pagare la propria propaganda contro il governo con i soldi dei cittadini. 2) Perché gli italiani possano giudicarne liberamente il contenuto».
Cavolo, 1800 euro sono tanti, molto più di uno stipendio medio mensile. Sì, ma è un prezzo giusto e anzi fin troppo basso per un testo originale scritto da uno scrittore e recitato in televisione per migliaia di persone. In questa era social si tende a livellare tutto verso il basso, equiparando un testo a un banale post; ma il lavoro creativo va pagato a certe cifre, soprattutto se chiesto a un esterno, a prescindere dal suo valore. Quei 1800 euro non sono paragonabili allo stipendio di una persona comune semplicemente perché il contenuto creativo di Scurati sarebbe stato visto in diretta da almeno 700mila persone. E poi questo minuscolo sforzo economico per una rete generalista sarebbe stato ampiamente ripagato dalla pubblicità: uno spot di trenta secondi su Rai 3 costa minimo 5-6 mila euro. E mi son tenuto basso visto che di solito le aziende comprano pacchetti di spot per centinaia di migliaia di euro, spalmati sulle varie reti. Se ci pensi è lo stesso ragionamento che si fa coi calciatori: saranno pure 22 scemi che corrono dietro a un pallone (tranne Klaassen, che passeggia), ma quei 22 scemi li guardano in tv milioni di persone. Le stesse teste che poi vedono gli spot prima, durante e dopo la partita.
Torniamo al racconto: denuncia di Serena Bortone, smentita della Rai, contro smentita di Repubblica, attacco di Meloni a Scurati. Finita qui? No. Da esperta donna di televisione, sabato sera Serena Bortone ha ripetuto la sua denuncia contro l’annullamento del contratto di Scurati e ha letto in diretta il monologo, sfidando apertamente i dirigenti Rai. Perché un conto è scriverlo su Instagram, un altro è farlo nella cara e vecchia televisione: «Preciso che la reazione di Scurati è stata di regalarmi il testo che aveva scritto per noi», ha detto.
A posto, risolto tutto. Alla fine il messaggio di Scurati è passato. E anche gratuitamente. Non è finita qui, Bortone ha letto la replica di Scurati a Meloni: «Gentile Presidente, leggo sue affermazioni che mi riguardano. Lei stessa riconosce di non sapere "quale sia la verità" sulla cancellazione del mio intervento in Rai. Ebbene, la informo che quanto lei incautamente afferma, pur ignorando per sua stessa ammissione la verità, è falso sia per ciò che concerne il compenso sia per quel che riguarda l’entità dell’impegno. Non credo di meritare questa ulteriore aggressione diffamatoria. Io non ho polemizzato con nessuno, né prima né dopo. Sono stato trascinato per i capelli in questa vicenda. Io ho solo accolto l’invito di un programma della televisione pubblica a scrivere un monologo a un prezzo consensualmente pattuito con la stessa azienda dall’agenzia che mi rappresenta e perfettamente in linea con quello degli scrittori che mi hanno preceduto. La decisione di cancellare il mio intervento è evidentemente dovuta a "motivazioni editoriali", come dichiarato esplicitamente in un documento aziendale ora pubblico. Il mio pensiero su fascismo e postfascismo, ben radicato nei fatti, doveva essere silenziato. Continua a esserlo ora che si sposta il discorso sulla questione evidentemente pretestuosa del compenso. Pur di riuscire a confondere le acque, e a nascondere la vera questione sollevata dal mio testo, un capo di Governo, usando tutto il suo straripante potere, non esita ad attaccare personalmente e duramente con dichiarazioni denigratorie un privato cittadino e scrittore suo connazionale tradotto e letto in tutto il mondo. Questa, gentile Presidente, è una violenza. Non fisica, certo, ma pur sempre una violenza. È questo il prezzo che si deve pagare oggi nella sua Italia per aver espresso il proprio pensiero?». Bortone ci ha messo un minuto e trentasei secondi a leggerlo, tu?
Troppo. Poi che è successo? Nella stessa puntata Bortone ha letto anche la risposta di Meloni ed è tornata sul caso con i suoi ospiti: «Le spiegazioni sull’annullamento del contratto le ho chieste, non mi sono state date».
(Tutti i lettori della newsletter curiosi di sapere il contenuto di questo monologo di Scurati. Immagine generata da DALL-E. Arriva tra due paragrafi).
Secondo te perché Bortone ha deciso di sfidare in modo così aperto i dirigenti Rai? Per due ragioni. La prima è che Bortone è una conduttrice dichiaratamente di sinistra, anche se tecnicamente si è definita in passato «cattolica democratica» (qualsiasi cosa voglia dire). Il 13 gennaio ha discusso con l’avvocata Annamaria Bernardini De Pace, rivendicando il dovere di denunciare i saluti romani dei nostalgici fascisti di Acca Larentia: «Siamo in democrazia proprio perché il fascismo è stato sconfitto. Io di mio non ne parlerei, se poi ci sono mille persone che alzano il braccio teso purtroppo. Funziona così». Mi piace pensare che c’entri anche un dato anagrafico: Bortone è nata l’8 settembre, lo stesso giorno dell’armistizio del 1943.
La seconda ragione? Bortone non è una novellina: lavora a Rai 3 da quando ha 18 anni (ora ne ha 53). Sa che i governi passano e i dipendenti Rai restano, anche se perdono la conduzione o se vengono spostati, come è avvenuto a lei poco tempo fa. Dopo aver condotto con successo dal 2017 a 2020 uno dei programmi più famosi di Rai 3, Agorà, Bortone era stata promossa a Rai 1 con la trasmissione “Oggi è un altro giorno”, un palcoscenico che le ha dato tante opportunità, facendola avventurare in un nuovo percorso televisivo, non solo giornalistico ma anche di donna di spettacolo in generale. Nel 2023, col governo Meloni, il suo spazio televisivo è stato dato a Caterina Balivo e Bortone e tornata con questo programma più modesto su Rai 3. Esponendosi in modo così diretto ha attirato anche l’attenzione sulla sua carriera che stava un po’ scemando nel dimenticatoio.
Dopo tutto questo casino mediatico mi è venuta curiosità sul contenuto del monologo. Che c’è scritto di così clamoroso? Scurati ha riciclato una pagina del suo libro descrivendo l’omicidio di Matteotti? No, parte dalla breve cronaca dell’omicidio Matteotti per poi parlare di altri crimini del nazifascismo: Fosse Ardeatine, Sant’Anna di Stazzema, Marzabotto. La censura dei dirigenti Rai è scattata probabilmente per due passaggi del monologo in cui Scurati attacca gli eredi politici del Movimento Sociale italiano, il partito fondato dai reduci e nostalgici del fascismo, chiamatosi poi Alleanza Nazionale dopo il 1995 e infine Fratelli d’Italia che ha ripreso il simbolo originale del MSI: la fiamma. «Il gruppo dirigente post-fascista, vinte le elezioni nell’ottobre del 2022, aveva davanti a sé due strade: ripudiare il suo passato neo-fascista oppure cercare di riscrivere la storia. Ha indubbiamente imboccato la seconda via», scrive Scurati, rincarando la dose: «La Presidente del Consiglio, quando costretta ad affrontarlo dagli anniversari storici, si è pervicacemente attenuta alla linea ideologica della sua cultura neofascista di provenienza».
Ok, ho capito il senso, non c’è bisogno di postare tutto il tes.. «Giacomo Matteotti fu assassinato da sicari fascisti il 10 di giugno del 1924. Lo attesero sotto casa in cinque, tutti squadristi venuti da Milano, professionisti della violenza assoldati dai più stretti collaboratori di Benito Mussolini. L’onorevole Matteotti, il segretario del Partito Socialista Unitario, l’ultimo che in Parlamento ancora si opponeva a viso aperto alla dittatura fascista, fu sequestrato in pieno centro di Roma, in pieno giorno, alla luce del sole. Si batté fino all’ultimo, come lottato aveva per tutta la vita. Lo pugnalarono a morte, poi ne scempiarono il cadavere. Lo piegarono su se stesso per poterlo ficcare dentro una fossa scavata malamente con una lima da fabbro. Mussolini fu immediatamente informato. Oltre che del delitto, si macchiò dell’infamia di giurare alla vedova che avrebbe fatto tutto il possibile per riportarle il marito. Mentre giurava, il Duce del fascismo teneva i documenti insanguinati della vittima nel cassetto della sua scrivania. In questa nostra falsa primavera, però, non si commemora soltanto l’omicidio politico di Matteotti; si commemorano anche le stragi nazifasciste perpetrate dalle SS tedesche, con la complicità e la collaborazione dei fascisti italiani, nel 1944. Fosse Ardeatine, Sant’Anna di Stazzema, Marzabotto. Sono soltanto alcuni dei luoghi nei quali i demoniaci alleati di Mussolini massacrarono a sangue freddo migliaia di inermi civili italiani. Tra di essi centinaia di bambini e perfino di infanti. Molti furono addirittura arsi vivi, alcuni decapitati. Queste due concomitanti ricorrenze luttuose – primavera del ’24, primavera del ’44 – proclamano che il fascismo è stato lungo tutta la sua esistenza storica – non soltanto alla fine o occasionalmente – un irredimibile fenomeno di sistematica violenza politica omicida e stragista. Lo riconosceranno, una buona volta, gli eredi di quella storia? Tutto, purtroppo, lascia pensare che non sarà così. Il gruppo dirigente post-fascista, vinte le elezioni nell’ottobre del 2022, aveva davanti a sé due strade: ripudiare il suo passato neo-fascista oppure cercare di riscrivere la storia. Ha indubbiamente imboccato la seconda via».
Perfetto graz.. «Dopo aver evitato l’argomento in campagna elettorale, la Presidente del Consiglio, quando costretta ad affrontarlo dagli anniversari storici, si è pervicacemente attenuta alla linea ideologica della sua cultura neofascista di provenienza: ha preso le distanze dalle efferatezze indifendibili perpetrate dal regime (la persecuzione degli ebrei) senza mai ripudiare nel suo insieme l’esperienza fascista, ha scaricato sui soli nazisti le stragi compiute con la complicità dei fascisti repubblichini, infine ha disconosciuto il ruolo fondamentale della Resistenza nella rinascita italiana (fino al punto di non nominare mai la parola “antifascismo” in occasione del 25 aprile 2023). Mentre vi parlo, siamo di nuovo alla vigilia dell’anniversario della Liberazione dal nazifascismo. La parola che la Presidente del Consiglio si rifiutò di pronunciare palpiterà ancora sulle labbra riconoscenti di tutti i sinceri democratici, siano essi di sinistra, di centro o di destra. Finché quella parola – antifascismo – non sarà pronunciata da chi ci governa, lo spettro del fascismo continuerà a infestare la casa della democrazia italiana».
(La prossima sede della Rai se continuerà a fare autogoal mediatici. Immagine generata da DALL-E)
Ok, ho letto tutto, contento? La parte finale è quella più forte perché chiede a Giorgia Meloni di dichiarare di essere antifascista in vista del 25 aprile. Questo secondo i dirigenti Rai avrebbe creato qualche polemica nello stesso weekend in cui si vota in Basilicata, con il rischio concreto di ricevere un cazziatone dai deputati e senatori di Fratelli d’Italia, gli stessi che hanno il potere di far avanzare o fallire le loro carriere. Anche perché lo scorso 25 aprile ci fu una polemica sulle dichiarazioni inopportune di Ignazio La Russa. Il presidente del Senato disse che nella Costituzione non c’è alcun riferimento all’antifascismo nonostante la nostra Costituzione sia proprio figlia dell’antifascismo. Per troppo zelo, i dirigenti Rai hanno fatto la toppa peggiore del buco e la vicenda ha avuto ulteriori strascichi.
Cos’è successo? Domenica 21 aprile, l’Usigrai, il sindacato più importante dei giornalisti Rai, ha fatto leggere ai conduttori dei telegiornali e radiogiornali della Rai questo comunicato: «Il controllo dei vertici della Rai sull’informazione del servizio pubblico si fa ogni giorno più asfissiante. Dopo aver svuotato della loro identità due canali, ora i dirigenti nominati dal Governo intervengono bloccando anche ospiti non graditi, come Antonio Scurati a cui era stato affidato un monologo sul 25 aprile, in una rete, Rai3, ormai stravolta nel palinsesto e irriconoscibile per i telespettatori»..
Perfetto, capito non c’è bisogno di scriverlo tutto, come hai fatto col monologo di Sc.. «La stessa azienda che ha speso sei milioni di euro per il programma Avanti Popolo, ora avanza motivazioni di carattere economico per l’esclusione di Scurati. Motivazioni già smentite dai fatti. Siamo di fronte ad un sistema pervasivo di controllo che viola i principi del lavoro giornalistico. L’assemblea dei Comitati di redazione della Rai mercoledì ha proclamato lo stato di agitazione e approvato cinque giorni di sciopero. Gentili telespettatori, noi ci dissociamo dalle decisioni dell’azienda e lottiamo per un servizio pubblico indipendente, equilibrato e plurale».
E la miseria. Ma i dipendenti Rai possono protestare così pubblicamente contro i loro capi? Sì, non succede spesso ma è uno dei diritti di cui godono i sindacati dei giornalisti che in alcuni casi motivati possono protestare contro il loro editore in uno spazio apposito. È la seconda volta che capita in poche settimane. Giovedì 11 aprile, sempre l’Usigrai aveva fatto leggere ai conduttori di telegiornali e giornali radio del servizio pubblico un altro comunicato criticando l’uso della par condicio da parte del servizio pubblico: «La maggioranza di governo ha deciso di trasformare la Rai nel proprio megafono. Lo ha fatto attraverso la Commissione di Vigilanza che ha approvato una norma che consente ai rappresentanti del governo di parlare nei talk senza vincoli di tempo e senza contraddittorio. Questa non è la nostra idea di servizio pubblico, dove al centro c’è il lavoro delle giornaliste e dei giornalisti che fanno domande (anche scomode) verificano quanto viene detto, fanno notare incongruenze».
Ah, ecco perché ho sentito in giro tante volte Tele Meloni. Ma c’è anche un editto se non sbaglio? No, quello è l’editto bulgaro, un’espressione giornalistica usata per descrivere il discorso fatto a Sofia, in Bulgaria, il 18 aprile 2002 dall’allora presidente del Consiglio italiano Silvio Berlusconi che criticò aspramente il giornalista Enzo Biagi e il conduttore televisivo Michele Santoro per il loro modo di condurre programmi televisivi sulla Rai, sostenendo che fossero politicamente schierati contro di lui. Quell’intervento fu interpretato come un invito implicito ai vertici Rai a non rinnovare i contratti con Biagi e Santoro, cosa avvenuta nei mesi successivi. Non fu un vero e proprio “editto”, ovvero un comando emesso da un’autorità superiore, tipo quello promulgato a Milano dall’imperatore romano d’Occidente Costantino nel 313 d.C. con cui concesse libertà di culto ai cristiani.
(L’editto bulgaro dell’imperatore Costantino. Immagine generata da DALL-E)
E questa la teniamo per quando lavorerai a Rai Storia. Di questa vicenda non ho capito una cosa: ma Rai Tre, non era dei comunisti? Ok, hai visto il documento sul “Giovane Berlusconi” e ora parli come un cumenda milanese. Sì, il consiglio di amministrazione della Rai è nominato dal Parlamento italiano e con la riforma del 1975 i partiti si sono divisi l’influenza sui tre canali: storicamente Rai 1 era della Democrazia Cristiana (il partito sempre al governo dal 1944 al 1994), Rai 2 del Partito socialista e Rai 3 del Partito comunista. Dopo Tangentopoli e la discesa in campo di Berlusconi la situazione politica è cambiata ma non questo fenomeno che fu chiamato “lottizzazione” (come i lotti di terra da assegnare) dal giornalista Alberto Ronchey.
E ora che non ci sono più Dc, Psi, Pci? Da 30 anni Rai 1 è il canale che parla sempre bene del governo, Rai 3 è il canale di centrosinistra vicino alla galassia del Partito democratico, mentre Rai 2 è più spostato a destra: negli anni ’90 più verso la Lega, negli ultimi anni verso Fratelli d’Italia. Non a caso il direttore del Tg2 dal 2018 al 2022 è stato Gennaro Sangiuliano, diventato subito dopo ministro della Cultura del governo Meloni.
Ok, quindi ho ragione io: Rai 3 è dei comunisti. O meglio: dei nipoti dei comunisti: il Pd. Ma questa spartizione è tutta alla luce del sole? Sì, anche se in questi anni si sono fatte delle riforme per rendere più autonomo il consiglio di amministrazione Rai, la politica ha un controllo fortissimo sui dirigenti. Secondo alcuni retroscena, Amadeus avrebbe lasciato la televisione di Stato perché nell’ultimo Sanremo i dirigenti Rai gli avrebbero caldamente imposto di far cantare Povia (vincitore nel 2006 con “Vorrei avere il becco”), le cui posizioni politiche sarebbero più affini al centrodestra, e di pranzare con Pino Insegno, amico di Giorgia Meloni.
Hai detto che la sinistra ci ha marciato, e non mi sembra il verbo più giusto da usare in questo momento. Perché la pensi così? La censura non è una bella cosa. Concordo, non lo è mai e la Rai sta dimostrando di essere goffamente più meloniana del governo Meloni. Però è giusto notare anche che questo caso è stato usato come clava politica da un certo mondo intellettuale di centrosinistra che ha dovuto cedere diverse posizioni di potere culturale da quando è arrivato il governo Meloni: la direzione del Museo Maxxi di Roma, la Biennale di Venezia, il Teatro di Roma. Elly Schlein ha commentato duramente il post di Meloni, così come ha fatto Romano Prodi. Il sindaco di Bergamo Giorgio Gori, candidato con il Pd alle Europee ha chiesto addirittura di leggere il testo il 25 aprile. Il monologo è stato già letto da 53 scrittori tra cui Nicola Lagioia e Chiara Valerio, così come da Roberto Vecchioni e Massimo Gramellini nel programma “In altre parole”, in onda su La 7. Scurati è diventato in poche ore il nuovo martire culturale della sinistra.
E anche se fosse? Legittimo, e in un certo senso anche giusto, visto che la presidente del Consiglio ha usato il suo pulpito mediatico per scagliarsi contro un semplice cittadino che giustamente ha risposto con le armi a sua disposizione. Però facciamo l’avvocato dell’avvocato dell’avvocato del diavolo: se i dirigenti Rai non avessero annullato il contratto, il monologo di Scurati l’avrebbe visto poco meno di un milione di italiani, lasciando ignari gli altri 57 milioni di concittadini. Il programma di Serena Bortone ha medie basse sul 3-4%. In 55 puntate solo tre volte il programma ha superato il 5% di share e scommetto che è successo anche domenica 21 aprile. Ma questa newsletter esce prima dei dati auditel.
Accetto la tesi, ma per favore non aprire mai uno studio legale. Secondo te come finirà questa vicenda? Se ne parlerà fino al 25 aprile anche perché in un colloquio con La Stampa, l’amministratore delegato della Rai Roberto Sergio ha promesso di punire il responsabile dell’annullamento del contratto a Scurati: «Quello che è accaduto non può finire qui. Per lunedì ho chiesto una relazione, saranno presi provvedimenti drastici. Surreale come sia potuto accadere, è necessario approfondire e dare risposte. Chi ha sbagliato paga. Da settimane la Rai è vittima di una guerra politica quotidiana con l’obiettivo di distruggerla».
E Bortone? Nella puntata di domenica Bortone è tornata sul tema senza paura di ritorsioni. Prima ne ha parlato con il conduttore di Report Sigfrido Ranucci, discutendo anche della indagine sulla ministra del Turismo Daniela Santanché. E poi conducendo un blocco di “CheSarà…” sul caso Scurati, come se fosse un evento esterno. «Voglio molto bene alla Rai. Vorrei continuare a farlo in libertà», ha fatto capire Bortone.
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